Il diavolo in chiesa – Matteo Bandello – E-book

Matteo Bandello (1485-1561), scrittore, poeta, diplomatico ed ecclesiastico, è considerato il più importante novelliere del Rinascimento. Grandissimo erudito, ebbe una vita avventurosa e dai tratti decisamente mondani, soggiornando tra Milano, Ferrara, Firenze, Mantova e la Francia. Le sue Novelle (se ne contano ben 214) furono fonte d’ispirazione per le opere di grandi autori come William Shakespeare, George Gascoigne, Félix Lope de Vega e Miguel de Cervantes.

Abbiamo selezionato per la presente pubblicazione Il diavolo in chiesa, una delle narrazioni più caratteristiche e divertenti del grande autore lombardo. Una novella dai toni boccacceschi, una storia di equivoci e di fraintendimenti, ma anche una sottile satira della paura e della superstizione.

«A la fine tutto si risolse in gran riso, e parve loro gran cosa che giovani e vecchi, filosofi e teologi, tutti restassero de la vista d’un asino scornati. E certo si può dire che la immaginazione profonda di cose triste nuoce assai, e che è meglio con ragionevole audacia investigar il vero che inconsideratamente intrar in timore e creder a l’altrui fantasie».

Con prefazione di Martin Giuliani

ISBN: 979-12-5504-143-6

Il diavolo nella mia libreria – Alfredo Panzini

Il diavolo nella mia libreria è indubbiamente uno dei migliori romanzi di Alfredo Panzini, uno dei grandi protagonisti della cultura italiana del ‘900.

La storia ruota attorno alla morte di una vecchia zia e a un’insolita eredità: un gatto di nome Tombolino e «un cassone di abete pieno di vecchia cartaccia e libri». Dapprima il protagonista è determinato a disfarsi di quegli ingombranti volumi ammuffiti, ma non trova nessuno disposto ad acquistarli. Si lascia allora vincere dalla tentazione di improvvisarsi bibliofilo e si immerge a capofitto tra le loro pagine ingiallite, scoprendo classici greci e latini, testi di filosofia e, soprattutto, di teologia e di questioni religiose.

Un raffinato e divertente capolavoro intellettuale, un sorprendente viaggio negli archetipi del mito, una irriverente satira del dogmatismo religioso e del moralismo, degli orrori dell’inquisizione e delle ipocrisie del perbenismo borghese, attraverso i mutamenti politici e sociali della civiltà moderna. Il tutto attraverso un serrato e costante dialogo con il diavolo, quel diavolo che si diverte delle miserie umane, ma che spesso non altro è che lo specchio della nostra stessa coscienza.

Con prefazione di Nicola Bizzi

120 pagine

ISBN: 979-12-5504-020-0

Il diavolo nella mia libreria – Alfredo Panzini – E-book

Il diavolo nella mia libreria è indubbiamente uno dei migliori romanzi di Alfredo Panzini, uno dei grandi protagonisti della cultura italiana del ‘900.

La storia ruota attorno alla morte di una vecchia zia e a un’insolita eredità: un gatto di nome Tombolino e «un cassone di abete pieno di vecchia cartaccia e libri». Dapprima il protagonista è determinato a disfarsi di quegli ingombranti volumi ammuffiti, ma non trova nessuno disposto ad acquistarli. Si lascia allora vincere dalla tentazione di improvvisarsi bibliofilo e si immerge a capofitto tra le loro pagine ingiallite, scoprendo classici greci e latini, testi di filosofia e, soprattutto, di teologia e di questioni religiose.

Un raffinato e divertente capolavoro intellettuale, un sorprendente viaggio negli archetipi del mito, una irriverente satira del dogmatismo religioso e del moralismo, degli orrori dell’inquisizione e delle ipocrisie del perbenismo borghese, attraverso i mutamenti politici e sociali della civiltà moderna. Il tutto attraverso un serrato e costante dialogo con il diavolo, quel diavolo che si diverte delle miserie umane, ma che spesso non altro è che lo specchio della nostra stessa coscienza.

Con prefazione di Nicola Bizzi

ISBN versione e-book: 979-12-5504-132-0

Una più del diavolo – Rosella Latella – E-book

È un bene occuparsi del male? Chi è Satana? Chi è Lucifero? Sono dogmi di fede? Ombre del nostro inconscio? Figure mitologiche? Entità aliene? E, soprattutto… noi, chi siamo?

Ogni enigma pretende una risposta. E le risposte migliori palesano ulteriori misteri. Ciò che più conta è liberarci dalle mappe mentali che ci imprigionano e ci depotenziano. Lasciare più spazio a intuizioni, sensazioni, ispirazioni… e al linguaggio dei simboli, che è universale ed eterno. Così, un passo alla volta, possiamo permettere a noi stessi di essere integri, nel senso di interi.

È tutto qui. E Tutto è Pan che, come insegna il mito, salva Psiche. Il nome più bello dell’anima nostra.

176 pagine

ISBN versione e-book: 9791280130860

Una più del diavolo – Rosella Latella

È un bene occuparsi del male? Chi è Satana? Chi è Lucifero? Sono dogmi di fede? Ombre del nostro inconscio? Figure mitologiche? Entità aliene? E, soprattutto… noi, chi siamo?

Ogni enigma pretende una risposta. E le risposte migliori palesano ulteriori misteri. Ciò che più conta è liberarci dalle mappe mentali che ci imprigionano e ci depotenziano. Lasciare più spazio a intuizioni, sensazioni, ispirazioni… e al linguaggio dei simboli, che è universale ed eterno. Così, un passo alla volta, possiamo permettere a noi stessi di essere integri, nel senso di interi.

È tutto qui. E Tutto è Pan che, come insegna il mito, salva Psiche. Il nome più bello dell’anima nostra.

176 pagine

ISBN: 9791280130846

Pubblicato il

Quando Giorgio Napolitano non si accorgeva del “grande traffico” che avveniva sotto di lui – Nicola Bizzi

QUANDO GIORGIO NAPOLITANO NON SI ACCORGEVA DEL “GRANDE TRAFFICO” CHE AVVENIVA SOTTO DI LUI

di Nicola Bizzi

Articolo pubblicato su Signoraggio.it il 19 Gennaio 2014 e successivamente incluso nel saggio Nuovo Disordine Mondiale (Edizioni Aurora Boreale, Firenze 2020)

Per capire il presente, occorre conoscere bene il passato: riascoltiamo come Bettino Craxi, al processo Cusani nel 1993, inchiodava Giorgio Napolitano alle sue responsabilità sui copiosi finanziamenti da fonti illegali che riceveva il PCI.

Sono passati ormai ventidue anni dall’avvio dell’inchiesta “Mani Pulite” della Procura di Milano, che scatenò il più grande terremoto politico della nostra storia repubblicana, quello di “Tangentopoli”, che decapitò per via mediatico-giudiziaria tutta la classe politica di allora (ad eccezione del PCI-PDS) e decretò la morte della cosiddetta “Prima Repubblica”.

Nonostante le tenaci resistenze di alcuni giornalisti prezzolati “di regime” che, forti della tessera del PD che hanno in tasca, pretendono ancora di avere il monopolio sulla verità, appare ormai chiaro, a distanza di oltre un ventennio, che l’operazione “Tangentopoli” fu un vero e proprio golpe istituzionale, preparato a tavolino fin dal 1989. Un golpe che, puntando sulla mediaticità di processi-spettacolo e sullo scatenamento di un’ondata di isteria giustizialista collettiva, vide in azione nel nostro Paese, con la sicura regia di forti potentati finanziari di oltreoceano, un pericoloso asse composto dal PCI-PDS e dalla grande industria ad esso vicino, da una certa magistratura politicizzata e dal cosiddetto “quarto potere”, quello dei media. Un asse il cui obiettivo era portare al governo della Nazione quella parte politica che era stata incoronata come principale referente della grande finanza internazionale e dei potenti circoli di potere sovranazionali e transnazionali (Bilderberg, Pinay, ERT Europe, Trilaterale, etc.). C’era infatti un intero Paese da macellare e da svendere ai signori dell’usurocrazia mondiale, c’erano le lucrose privatizzazioni da fare, c’era da dare il colpo definitivo alla nostra sovranità monetaria con la definitiva privatizzazione della nostra Banca Centrale, c’era da far entrare l’Italia nel già preparato e già tracciato percorso della moneta unica europea. E la classe politica di allora, che sicuramente “rubava” (né più né meno del PCI), ma che almeno lo faceva nell’interesse della Nazione e per sostenere le costose macchine dei partiti, non avrebbe favorito certi disegni criminali. Lo aveva fatto capire bene Francesco Cossiga, che con le sue “picconate” tentava disperatamente di trasformare l’Italia in un Paese normale, in una democrazia compiuta, prima che fosse troppo tardi. Lo aveva fatto capire Bettino Craxi, che nell’Agosto del 1990 rispedì al mittente gli “avvertimenti” ed i “consigli” che Enrico Cuccia gli aveva fatto avere a Hammamet tramite il suo messaggero Salvatore Ligrestri. Lo aveva fatto capire bene anche Giulio Andreotti all’indomani dell’omicidio a Mondello dell’europarlamentare della DC Salvo Lima, crivellato dai colpi di due sicari. E lo aveva fatto capire molto bene anche il Ministro degli Interni Vincenzo Scotti, definito da Cossiga, nella prefazione del libro di memorie Un irregolare nel Palazzo, «il primo che comprese che stava per scatenarsi la bufera di Mani pulite e che vi era il pericolo che si tentasse, come poi infatti accadde, un vero e proprio golpe istituzionale per via giudiziaria contro la Prima Repubblica».

E sappiamo tutti come è andata. L’ex PCI, da poco trasformatosi gattopardescamente in PDS per tentare di aggirare la conventio ad excludendum che l’aveva sempre tenuto fuori dal governo della Nazione, si era ormai reso conto che non avrebbe avuto più chance di arrivare “democraticamente” e per via elettorale al potere, un’ambizione che non aveva mai smesso di covare sin dal lontano 1943. Dopo il crollo del Muro di Berlino e dopo la scissione di Rifondazione Comunista, era ormai un partito in profonda crisi d’identità e in forte calo di consensi. Al suo orizzonte si cominciava ad intravedere e a materializzarsi il peggior incubo dei suoi dirigenti: l’Unità Socialista fortemente voluta da Craxi, un’operazione che avrebbe umiliato i dirigenti di Botteghe Oscure, costringendoli a fare i conti con il passato (sto parlando anche e soprattutto di “conti” economici oltre che morali) e a riconvertirsi, volenti o nolenti, in una grande forza socialdemocratica di ispirazione europea e mitterandiana. Il crollo elettorale alle elezioni amministrative e politiche era palese e sintomatico. Di lì a breve il PSI sarebbe riuscito nel suo storico obiettivo di un sorpasso. Per la generazione degli allora quarantenni (i vari Fassino, D’Alema, Veltroni e compagnia bella) si aprivano due strade: arrendersi o combattere. Scelsero la seconda e vi si incamminarono nel peggiore dei modi: scatenando una guerra mediatico-giudiziaria finalizzata alla distruzione totale degli avversari, distruzione dopo la quale, con la caduta delle teste di tutti i leader delle forze politiche di governo, avrebbero avuto la strada spianata per le tanto ambite e sospirate poltrone.

Ma un colpo di stato, o golpe istituzionale che dir si voglia, complesso e articolato come quello di Tangentopoli, i comunisti nostrani non potevano certo arrivare ad orchestrarlo da soli. Furono in questo aiutati, nella pianificazione del progetto e nella sua attuazione, dalla grande finanza internazionale, ovvero da quello che in teoria doveva rappresentare il loro peggior nemico. Fecero così questo insano ed infausto “patto col diavolo”, che venne suggellato definitivamente con la tristemente famosa crocerina sul panfilo Britannia. In sintesi, certi “poteri forti” li avrebbero aiutati nell’operazione e avrebbero benedetto la loro scalata al Governo. La contropartita era terribile, ma ad essi, nella loro smania di potere, poco importava. Prevedeva il commissariamento e la svendita delle risorse della Nazione ai grandi burattinai internazionali della finanza e del potere bancario. Che poi non siano riusciti ad andare al Governo nel ’94 con la loro “gioiosa macchina da guerra” perché Silvio Berlusconi gli ruppe le uova nel paniere, questa è un’altra storia. Se la sono comunque lega al dito vendicandosi con vent’anni di campagne giudiziarie.

Ma il danno era già stato fatto. Il vaso di Pandora era stato spalancato già con il Governo Amato. Saranno poi i Governi di Prodi e D’Alema a proseguire il saccheggio del Paese, con le privatizzazioni in salsa debenedettiana del ’95, con la ratifica dei peggiori trattati europei che potessimo aspettarci e con l’infausto ingresso nella gabbia dell’Euro.

Oggi (sto scrivendo il 19 Gennaio 2014) è anche l’anniversario della morte di Bettino Craxi. Ritengo doveroso rendere omaggio a un uomo che, nel bene e nel male, ha contribuito a fare grande questo Paese e a ridare agli Italiani un minimo di orgoglio nazionale. Un vero statista come pochi l’Italia ne ha avuti nella sua storia, morto da esule in terra straniera per non aver voluto piegarsi al gioco al massacro e alla distruzione pianificata del nostro tessuto sociale ed economico.

Sappiamo tutti qual’era il sistema di finanziamento illecito dei partiti e della politica negli anni ’80 e sappiamo che in questo sistema erano coinvolti tutti i partiti, sia di governo che di opposizione. Il Partito Comunista Italiano, oltre ad avvantaggiarsi da questo complesso sistema di finanziamento illecito “interno”, ha goduto per decenni anche del cospicuo finanziamento illecito “esterno”, con i miliardi di Dollari che riceveva da Mosca. Eppure il PCI non è stato toccato dai processi di Mani Pulite e per i suoi dirigenti non fu applicata la formula del “non poteva non sapere” tanto invece utilizzata per i dirigenti degli altri partiti. Mentre Craxi è morto in esilio, un dirigente chiave del PCI di allora oggi siede al Quirinale già per la seconda volta consecutiva.

Voglio quindi proporre ai lettori di Signoraggio.it alcuni stralci del processo Cusani del 1993, in cui Craxi, interrogato da Antonio Di Pietro, inchioda Giorgio Napolitano alle sue responsabilità.

Potete anche vedervi la ripresa video originale di queste forti dichiarazioni al link http://www.youtube.com/watch?v=eWqBXwcLSmI.

Antonio Di Pietro: «On. Craxi, per quanto tempo ha rivestito la carica di segretario del P.S.I.?».

Bettino Craxi: «Dal 1976 al 1992, quindi per un lunghissimo periodo».

Antonio Di Pietro: «Lei era al corrente se il P.S.I. negli anni abbia mai ricevuto denaro dalle imprese in modo difforme dalla legge sul finanziamento ai partiti?».

Bettino Craxi: «Mi consenta di chiarire innanzitutto un punto: né la Montedison, né il Gruppo Ferruzzi, né il dott. Sama, né altri, direttamente o per interposta persona, hanno mai dato a me direttamente una lira. Diversamente, tanto il Gruppo Ferruzzi che il Gruppo Montedison, hanno versato contributi all’amministrazione del partito da molti anni. Del resto Montedison e Ferruzzi non versavano solo al PSI».

Antonio Di Pietro: «Questo è vero. Ci è stato riferito da molti».

Bettino Craxi: «Io sono sempre stato al corrente della natura non regolare del finanziamento ai partiti e al mio partito. […] In Italia il sistema di finanziamento ai partiti e alla attività politiche in generale contiene delle irregolarità e delle illegalità, io credo a partire dall’inizio della storia repubblicana. Si tratta di un capitolo che potremmo anche definire “oscuro” della storia della democrazia repubblicana. Da decenni il sistema aveva una parte del suo finanziamento di natura illegale. E non lo vedeva solo chi non lo voleva vedere; e non ne era consapevole solo chi girava la testa dall’altra parte. [..] I partiti erano tenuti a presentare dei bilanci in Parlamento; i bilanci erano sistematicamente falsi. Tutti lo sapevano, ivi compreso coloro che avrebbero dovuto esercitare funzioni di controllo nominati dal Presidente della Camera. […] Né i partiti di opposizione contestavano i bilanci dei partiti di governo, né i partiti di governo contestavano i bilanci dei partiti di opposizione».

Antonio Di Pietro: «Ma allora i partiti di opposizione che opposizione facevano?».

Bettino Craxi: «Riferiamoci al maggiore partito di opposizione, il Partito Comunista Italiano, il quale non è mai stato un partito povero. È sempre stato un partito ricco di risorse. Talvolta si aveva l’impressione che ne disponesse più del principale partito di governo [la Democrazia Cristiana, n.d.a.]. Aveva costruito in Italia la macchina burocratica più potente e organizzata dell’intero mondo occidentale e per questo si avvaleva di un finanziamento che proveniva, o non proveniva del tutto, in gran parte da fonti illegali. Io ho già avuto occasione, Dott, Di Pietro, di scrivere in una memoria che Lei ha avuto la cortesia di ricevere e di leggere, quanto pensavo su questa questione, e del resto l’ho detto ad alta voce in Parlamento. Erano contributi che andavano anche ai partiti di opposizione, ed al maggiore partito di opposizione, a seconda delle convenienze delle industrie, che provenivano dall’in-terno e dell’esterno. Dall’interno provenivano da tutti gli enti in cui erano rappresentati come minoranza, enti nazionali, non ce n’è uno in cui non sia sorto un caso, ivi compresa la metropolitana milanese che non è un ente nazionale; poi c’era tutta una miriade di amministrazioni locali; e poi c’era un grande flusso che proveniva dall’estero, dall’Unione Sovietica, dai Paesi del Comecon e del Patto di Varsavia, e che costituiva una delle voci principali del finanziamento al P.C.I.».

Antonio Di Pietro: «Tutto ciò lo dice perché ha dei documenti?».

Bettino Craxi: «É tutta materia che si ricostruisce, basta scavare. Quando un giorno si apriranno gli archivi del KGB, che in questo momento per decisione del precedente Parlamento russo sono stati coperti dal segreto di Stato, molta di questa materia verrà alla luce. Tuttavia molta ne è già avvenuta e diciamo che di una parte di questa io sono casualmente venuto a conoscenza».

Antonio Di Pietro: «Ha parlato del maggiore partito di opposizione. Ma di quelli minori cosa sa?».

Bettino Craxi: «[…] La verità è che i bilanci erano tutti falsi, o quasi tutti, quelli dei maggiori. C’erano dei bilanci “aggiustati” in qualche modo che non contenevano le risorse aggiuntive. E quindi nessuno aveva interesse ad aprire una polemica di questa natura. Ma non solo per i finanziamenti che venivano dall’estero, anche per quelli che venivano dall’interno».

Antonio Di Pietro: «Cioè?». Bettino Craxi: «Ma scusi, qualcuno può credere che il ravennate Gardini, che aveva grandi interessi in Emilia o in altre località italiane e il cui gruppo aveva grande interesse in Unione Sovietica, non abbia mai dato un contributo al PC.I.? Faccio un esempio. Sarebbe come credere che il Presidente del Senato sen. Spadolini, essendo stato dieci anni segretario del Partito Repubblicano Italiano, abbia sempre avuto un finanziamento assolutamente regolare; o sarebbe come credere che il Presidente della Camera, On. Giorgio Napolitano, che è stato per molti anni Ministro degli Esteri del P.C.I. e aveva rapporti con tutte le nomenclature comuniste dell’Est, a partire da quella sovietica, non si fosse mai accorto del grande traffico che avveniva sotto di lui tra i vari rappresentanti amministratori del P.C.I. e i Paesi dell’Est: non se n’è mai accorto? Cosa non credibile».