Francesco Domenico Guerrazzi e la colonia italiana in Alessandria d’Egitto – Ersilio Michel – E-book

4.00

(Italiano) Un’importante e fondamentale ricerca su un particolare spaccato di storia risorgimentale che va a connettere e intrecciare non solo le vicende della realtà politico-sociale ed economica della Toscana a cavallo tra l’ultima fase dell’età granducale e l’annessione al regno sabaudo, ma anche e soprattutto il dramma dell’emigrazione di numerosi nostri concittadini verso lidi lontani; emigrazione dovuta a motivi sia politici che economici, oltre che al desiderio e alle legittime aspirazioni di ricostruire altrove la propria vita e gettare le basi per un’agognata e a lungo sognata prosperità. Tutto questo nel quadro dei complessi rapporti internazionali della seconda metà del XIX° secolo.

Livorno, città cosmopolita, non solo porto ma anche “porta” della Toscana sul Mediterraneo – quella Livorno che sola in Toscana, nel 1849, si era fieramente opposta all’ingresso degli Austriaci chiamati dal Granduca Leopoldo II° per abbattere l’autoproclamato Governo “democratico” toscano presieduto dallo scrittore e Libero Muratore Francesco Domenico Guerrazzi (che nell’ultimo periodo aveva esercitato una vera e propria dittatura), e per ristabilire, nella sua pienezza assoluta, il Governo lorenese – va in questo saggio ad intrecciare la sua storia e le sue turbolente vicende con quelle di un’altra città a vocazione cosmopolita, anch’essa porto e “porta” per eccellenza sul Mediterraneo: Alessandria d’Egitto. Quell’Alessandria che era stata sognata e fortemente voluta da Alessandro Magno, che le diede il nome anche se non ne vide mai la realizzazione; quell’Alessandria che fu dei Tolomei, di Cleopatra; quell’Alessandria del celebre Faro, della mitica Biblioteca; la città che diede i natali – e che fu teatro della sua barbara uccisione – all’eccelsa Ipazia, grande scienziata e iniziata, indimenticata martire della Tradizione e del Libero Pensiero. Quell’Alessandria che nel XIX° secolo costituiva il porto e lo sbocco per eccellenza dell’Egitto ottomano sul Mediterraneo: una vivace e cosmopolita metropoli dai mille colori e dai mille profumi, che già dall’età napoleonica era divenuta, oltre che fondamentale scalo di merci fra Oriente e Occidente, anche meta di immigrazione da vari paesi europei. Fiorenti comunità di emigrati inglesi, francesi, tedeschi e italiani animavano le sue vie, i suoi caffè, i suoi salotti culturali; comunità che erano ben tollerate sia dalla popolazione autoctona che dalle autorità della Sublime Porta, perché contribuivano con la loro operosità a far girare l’economia, a portare prosperità, ad accrescere gli scambi commerciali con le sponde settentrionali del Mediterraneo.

Con prefazione di Nicola Bizzi

ISBN versione e-book: 979-12-80130-66-2

Description

Un’importante e fondamentale ricerca su un particolare spaccato di storia risorgimentale che va a connettere e intrecciare non solo le vicende della realtà politico-sociale ed economica della Toscana a cavallo tra l’ultima fase dell’età granducale e l’annessione al regno sabaudo, ma anche e soprattutto il dramma dell’emigrazione di numerosi nostri concittadini verso lidi lontani; emigrazione dovuta a motivi sia politici che economici, oltre che al desiderio e alle legittime aspirazioni di ricostruire altrove la propria vita e gettare le basi per un’agognata e a lungo sognata prosperità. Tutto questo nel quadro dei complessi rapporti internazionali della seconda metà del XIX° secolo.

Livorno, città cosmopolita, non solo porto ma anche “porta” della Toscana sul Mediterraneo – quella Livorno che sola in Toscana, nel 1849, si era fieramente opposta all’ingresso degli Austriaci chiamati dal Granduca Leopoldo II° per abbattere l’autoproclamato Governo “democratico” toscano presieduto dallo scrittore e Libero Muratore Francesco Domenico Guerrazzi (che nell’ultimo periodo aveva esercitato una vera e propria dittatura), e per ristabilire, nella sua pienezza assoluta, il Governo lorenese – va in questo saggio ad intrecciare la sua storia e le sue turbolente vicende con quelle di un’altra città a vocazione cosmopolita, anch’essa porto e “porta” per eccellenza sul Mediterraneo: Alessandria d’Egitto. Quell’Alessandria che era stata sognata e fortemente voluta da Alessandro Magno, che le diede il nome anche se non ne vide mai la realizzazione; quell’Alessandria che fu dei Tolomei, di Cleopatra; quell’Alessandria del celebre Faro, della mitica Biblioteca; la città che diede i natali – e che fu teatro della sua barbara uccisione – all’eccelsa Ipazia, grande scienziata e iniziata, indimenticata martire della Tradizione e del Libero Pensiero. Quell’Alessandria che nel XIX° secolo costituiva il porto e lo sbocco per eccellenza dell’Egitto ottomano sul Mediterraneo: una vivace e cosmopolita metropoli dai mille colori e dai mille profumi, che già dall’età napoleonica era divenuta, oltre che fondamentale scalo di merci fra Oriente e Occidente, anche meta di immigrazione da vari paesi europei. Fiorenti comunità di emigrati inglesi, francesi, tedeschi e italiani animavano le sue vie, i suoi caffè, i suoi salotti culturali; comunità che erano ben tollerate sia dalla popolazione autoctona che dalle autorità della Sublime Porta, perché contribuivano con la loro operosità a far girare l’economia, a portare prosperità, ad accrescere gli scambi commerciali con le sponde settentrionali del Mediterraneo.

Con prefazione di Nicola Bizzi

ISBN versione e-book: 979-12-80130-66-2